Come riconoscere le bufale online

Spesso vediamo in giro sulle bacheche Facebook dei nostri contatti dei messaggi tutti uguali. E’ un fenomeno a “folate”, nel senso che nel giro di qualche giorno lo vediamo spesso riprosto anche da altri amici. Questi post non sono altro che le classiche “catene di Sant’Antonio”, che una volta si facevano inviando una lettera a 10 persone per posta ordinaria. Ricordo di averne ricevuta anche io una, una volta, e di essere rimasta molto perplessa – oltre ad averla ovviamente fermata.

La semplicità di condivisione che ci danno i Social Media – e Facebook in particolare – ha ovviamente amplificato il fenomeno di chi, in buona fede, diffonde dei messaggi, più o meno allarmistici.

La questione è che proprio la facilità di accesso alle informazioni dovrebbe oggi essere un grande alleato nel riconoscere e nel bloccare sul nascere questo fenomeno, che invece, paradossalmente, proprio attraverso Facebook sta vivendo la sua età di giovinezza.

Ho scritto qualche tempo fa un articolo su Cittanuova.it proprio su questo tema, e penso che riproporlo anche in questo spazio non possa che fare bene. Quell’articolo era nato all’indomani dell’ennesimo post apparso sulla mia timeline di Facebook, per spiegare alcune tattiche che tutti possiamo utilizzare per difenderci dalle bufale che proliferano intorno a noi.

Il post da cui partivo all’epoca era questo:

Tutto quello che avete postato diventa pubblico da domani. Anche i messaggi che sono stati eliminati o le foto non autorizzate. Non costa nulla per un semplice copia e incolla, meglio prevenire che curare. Canale 13 ha parlato del cambiamento nella normativa sulla privacy di Facebook. Io non do facebook o qualsiasi entità associata a facebook il permesso di usare le mie immagini, informazioni, i messaggi o i post, passato e futuro. Con questa dichiarazione, do avviso a Facebook che è severamente vietato divulgare, copiare, distribuire, trasmettere o prendere qualsiasi altra azione contro di me sulla base di questo profilo e / o il suo contenuto. Il contenuto di questo profilo è privato e le informazioni riservate. La violazione della privacy può essere punita dalla legge (UCC 1-308-1 1 308-103 e lo statuto di Roma). Nota: Facebook è ora un’entità pubblica. Tutti i membri devono pubblicare una nota come questa. Se preferisci, puoi copiare e incollare questa versione. Se non pubblichi una dichiarazione almeno una volta, sarai tacitamente permettendo l’uso delle tue foto, così come le informazioni contenute negli aggiornamenti di stato di profilo. Copia e incolla per stare sul sicuro“.

Come si diceva anche nell’articolo originale, questo testo racconto di una “bufala”, perché ancora oggi, tutto quello che abbiamo postato sul famoso Social Network impostando la privacy come “privata” non diventerà pubblico.

Come riconoscere ed evitare la diffusione delle bufale

Le bufale spesso parlano alla nostra pancia e giocano sul fatto che, in un ambiente dove tutto è immediato, anche il nostro cervello reagisce in questa maniera, sopratutto quando l’argomento trattato va a solleticare le nostre paure, conscie o inconscie.

Quello delle bufale è quindi un meccanismo in cui è facile cadere, ma non impossibile da evitare. Tutte le bufale hanno solitamente infatti degli elementi comuni che le contraddistinguono, che proviamo a tracciare.

1° elemento: il sensazionalismo e l’allarmismo.

Quando leggete frasi come come “non ci crederete mai”, “nessuno ve lo dice”, “i ricercatori ci hanno avvertito che” dobbiamo incominciare a metterci sul “chi-va-là”.

Nel caso specifico preso in esame, Facebook è un’azienda, quotata in borsa, che nel caso debba modificarele regole del gioco (cosa che non avviene mai dall’oggi al domani) è tenuto a comunicarlo in forma ufficiale con un certo anticipo. Non comunicherebbe mai una cosa di tale importanza attraverso un post zeppo di errori lessicali, grammaticali e luoghi comuni come questo.

2° elemento:  l’utilizzo nel testo di tempi indefiniti

Perché le bufale possano essere “sempreverdi” i tempi verbali utilizzati devono per forza essere non definiti e molto vaghi. Un po’ come le pubblicità in televisione di “Poltrone e Sofa” (“in promozione fino a domenica”).

Nel nostro caso specifico “diventerà pubblico da domani”: domani quando?

3° elemento: “copia e incolla questo messaggio”

Quando leggiamo un messaggio che contiene questo imperativo (o varianti come quelle che arrivano a volte via WhatsApp “invia questo messaggio ad 8 persone”) mettiamoci all’erta, perché la bufala è (quasi) sempre dietro l’angolo.

4° elemento: citazione di personaggi o istituzioni vaghi

“Canale 13 ha parlato del cambiamento nella normativa della privacy”.  Canale 13 che cos’è? Un sito? Una “testata giornalistica”? Un canale televisivo? Quando ci troviamo di fronte a fonti vaghe (in altri casi si potrebbe leggere “E’ apparso sui media”, “Un avvocato ha detto”), la bufala è lì pronta ad aspettarci.

5° elemento: luoghi, date e riferimenti a leggi inventati.

Come abbiamo visto anche nei punti precedenti, la presenza di dati vaghi e non meglio identificati deve metterci all’erta.

Quando leggiamo dei nomi altisonanti, che vengono messi in questi testi per giocare su un aspetto psicologico che si chiama “autorevolezza”, dobbiamo verificare la loro esistenza o che siano proprio quello che il testo dice.

Nel nostro caso, la legge UCC 1-308-1 1 308-103 non esiste nell’ordinamento italiano e lo statuto di Roma non regola la privacy.

Contromisure alle bufale

A maggior ragione se ci sembra di aver individuato alcuni campanelli, ma meglio se sempre, la regola aura per sopravvivere alle bufale – ed evitare di fare spiacevoli gaffe – è quella di utilizzare un nostro grande alleato: Google.

E’ buona norma, infatti, prima di condividere un testo un po’ sospetto, fare una piccola ricerca immettendo nel motore di ricerca alcune parti significative del testo. Se ci avevamo visto lungo, tra i primi risultati troveremo sicuramente diversi siti “anti-bufala”, che si occupano proprio di analizzare testi che girano su Internet per accertarne la veridicità, che sapranno dirci se ciò che abbiamo letto si tratta di una cosa vera oppure di una bufala.

Solo dopo aver fatto questa verifica possiamo condividere.

Senza dimenticare la vera regola aurea: nel dubbio, meglio non condividere!

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