ReplyAsap, la app per obbligare i figli a rispondere. Era davvero necessaria?

Se sei un genitore sarà successo di sicuro anchea te di provare a chiamare tuo figlio sul cellulare senza ottenere risposta. La reazione a volte è l’arrabbiatura, ma altre volte, dobbiamo ammetterlo, è anche il crescere un po’ di ansia.

Se ti sei trovato spesso in questa sensazione, a primo acchitto potrebbe piacerti l’idea che ha avuto un padre inglese che, esasperato dal figlio 13enne che non rispondeva al telefono, ha pensato bene di risolvere la questione inventando ReplyAsap, una app per smartphone che obbliga chi riceve una telefonata a rispondere.

Se anche tu sei fra uno dei tanti fan di Harry Potter ricorderai sicuramente la “strillettera”, una particolare lettera magica contenuta in una busta rossa ricevuta da alcuni studenti dai propri genitori e che, una volta aperta, prima di autodistruggersi, inizia a strillare il messaggio contenuto con la voce, sostenuta, del mittente. Ma che se non viene aperta dal destinatario, esplode, urlando con una voce ancora più forte. Ecco, ReplyAsap ne sembra la concretizzazione per noi “babbani” (così vengono chiamati dai maghetti gli abitanti del mondo “reale”).

Come funziona ReplyAsap

Diciamolo subito: perché il sistema funzioni, la app deve essere installata sugli smartphone di chi inoltra e chi riceve la chiamata. E comunque, se ti è stuzzicata l’idea di provare l’app, devi aspettare, perché al momento la app funziona soltanto in Inghilterra. Poi incomincia a mettere da parte qualche soldino, perché per utilizzarla è necessario pagare una quota di abbonamento.

Ok, dirai … fino a qui te l’ho un po’ contata ma tu vuoi sapere in quale magico modo potrai obbligare i tuoi figli a risponderti quanto li chiami.

E’ semplice: inoltrando una chiamata attraverso ReplyAsap, sul telefono del dispositivo collegato per il “controllo” la schermata dello smartphone viene presa in ostaggio da ReplyAsap che mostrando a tutto schermo la chiamata, inibisce qualsiasi altra funzionalità dello smartphone. Come se già ciò non bastasse, l’app emette un suono continuo, tipo serena, anche se il cellulare è in modalità silenziosa. Questo fino a quando il destinatario, stremato dall’insistenza, non risponderà alla chiamata.

Questo procedimento non funziona soltanto perle chiamate, ma anche per i SMS (qualcuno ancora li usa?!). Infatti, alla ricezione del messaggio si aprirà una finestra che non potrà essere chiusa fino a quando il messaggio non avrà ricevuto risposta. In questo caso il controllo è doppio, perché chi ha mandato il SMS riceverà anche un messaggio di notifica che il messaggio è stato letto.

ReplyASAP e l’invadenza

Quello del rapporto famiglia-ragazzi-mezzi di comunicazione, e del controllo esercitato attraverso di essi, è un argomento spinoso e un campo minato, perché si entra nel cuore delle scelte educative, su cui hanno e devono avere voce in capitolo solo e soltanto i genitori. E, come sai, lo scopo di WebConsapevole non è quello di entrare all’interno dei sistemi educativi.

ReplyASAP mette però in scena anche due pericoli diversi. Il primo, è che questa app possa essere utilizzata anche da stalker o simili, ben più adulti. Certo, come abbiamo detto per funzionare la app deve essere installata su entrambi gli smartphone ma … è un caso che bisogna prendere in considerazione.

Ritornando poi all’uso che se ne potrebbe fare nel controllo dei ragazzi, da insegnante, che sa bene che quando va bene i cellulari a scuola sono tenuti nello zaino, ma accessi e con il silezioso … e se i ragazzi ricevessero una chiamata mentre sono a scuola?!

Secondo le intenzioni del suo creatore, questa app servirà a migliorare la comunicazione con gli adolescenti, che «sono sempre più distanti dal dialogo con i propri genitori, troppo presi ormai da giochi e dai social, stando spesso con il telefono silenziato, soprattutto quando sono insieme agli amici». Quelle qui elencate dal papà inglese sono però motivazioni che sembrano però fare “acqua”.

Innanzitutto perché sono impregnate da pregiudizi generazionali. È vero, l’anno scorso, proprio di questi tempi, l’immagine davanti a cui spesso ci siamo trovati era quella di ragazzi con la testa immersa nel proprio smartphone nell’attesa di poter catturare un Pokemon. Mi ricordo bene un pomeriggio che dopo il lavoro ho pensato di andare a passeggiare un po’ per il Valentino, uno dei parchi più belli di Torino. Lo spettacolo che mi si è prospettato davanti, una volta arrivata “ai Rocciosi”, era quello di un centinaio di ragazzini seduti, con in mano il proprio smartphone, che cercavano Pokemon.

Ma, se sappiamo guardare oltre, nella mia esperienza a contatto con i ragazzi a scuola ho scoperto che sanno divertirsi anche in tanti altri modi (e magari è proprio per questo che non rispondono!) e accade a volte, dobbiamo ammetterlo, che siano meno “smartphone-dipendenti” degli adulti, i primi che quindi non favoriscono il dialogo di cui lamenta la mancanza il papà inglese.

ReplyASAP e le ansie di controllo

C’è poi, di contraltare in questa ultima frontiera della tecnologia, l’evidente impressione che con l’aumento della possibilità di contatto diretto istantaneo, siano cresciute anche le ansie di “controllo” da parte dei genitori verso i figli. E ben inteso, questa non è necessariamente una cosa negativa. Non è che prima non si fosse preoccupati o ansiosi, solo il sistema comunicativo limitato ci faceva percepire il mondo più “ristretto“, e quindi più sicuro. Mentre ora, che in un nanosecondo possiamo comunicare con gli zii in Australia, il mondo ci sembra decisamente essersi allargato e abbiamo l’inconscia percezione che si siano (e forse si sono) moltiplicate le possibilità di pericolo e quindi diventi strettamente necessario che gli altri siano sempre rintracciabili.

Delegare l’educazione agli strumenti tecnologi?

Tornando in tema, una domanda può sorgere: quanto è sano far regolare ad una app così invadente quel delicato equilibrio di fiducia e libertà che si dovrebbe coltivare nel rapporto genitori-figli? Non c’è una risposta giusta per tutti. Vero è, però, che forse può essere utile mettere in campo uno sforzo educativo in più, invece che cedere alla tentazione di delegare questo passaggio di crescita agli strumenti tecnologici. Il confine, anche qui, è molto sottile. Perché certo gli strumenti possono aiutare a risolvere o a tamponare una situazione, ma mai potranno sostituire quel processo educativo che cresce e si evolve anche attraverso gli sbagli e l’interazione generazionale.

Le statistiche ci dicono che di anno in anno diminuisce l’età media in cui i ragazzi entrano in possesso del loro primo smartphone: questo non è necessariamente un male o uno sbaglio. L’importante è che anche questo passaggio (in fondo uno smartphone è uno strumento pensato per adulti) sia accompagnato: sia nella gestione stessa dello strumento e dell’immersione nell’ambiente digitale, sia per quanto riguarda la creazione del rapporto di fiducia.

E’ per questo motivo che è nato WebConsapevole. E’ per questo motivo che crediamo che nel momento in cui si dà lo smartpone in mano ai propri figli sia necessario intraprende con loro un percorso di avvicinamento, di immersione nel mondo digitale e del web. Da cui è sicuramente possibile uscire vincitori, ma solo se si mette in conto di poter fare un po’ di fatica e fare degli sbagli – da entrambe le parti.

WebConsapevole può essere il luogo e lo strumento per intraprendere questo “viaggio” da fare, lo ripetiamo, insieme. Perché fornisce gli strumenti ai figli e, in modo diverso, gli strumenti ai genitori, permettendo di tenere lo stesso passo. E non avere più paura di non sapere e non capire cosa succede attorno.

Mai come in questi argomenti non esiste una regola magica, e può quindi essere utile il confronto. Se avete qualche domanda, esperienza, considerazione… i commenti sono a vostra disposizione qui sotto 😉

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